
In Foto: Un Immagine Del Palermo Pride* 2016.
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17 MAGGIO 2021: A CHE PUNTO SIAMO?
Giornata Internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia
Oggi, 17 Maggio 2021, si celebra la Giornata Internazionale Contro L'Omofobia, La Bifobia e La Transfobia.
I diritti umani non sono aspetti di opportunità culturale.
Conviviamo con uno stigma sociale che grava sulla popolazione mondiale, che riguarda tutte le persone LGBT, vittime di un oblio morale perpetrato nella discriminazione legale.
Gli assalti di omofobia, lesbofobia e transfobia ordinaria, esercitati da governi, politici e società, dalla gente "comune", che ha reso lecita quell'infezione cultura edificata sull'odio e la disuguaglianza, hanno rimarcato quanto la lotta all'Omofobia, alla Transfobia e alla Bifobia, sia ancora un terreno minato sul quale si combatte, con armi spietate, una guerra la cui fine sembra ancora lontana.
Nel 2021 dobbiamo fare i conti con 67 paesi nel mondo nei quali l'omosessualità è reato, nonché in 5 giurisdizioni sub-nazionali (nel 1989, l'anno prima della declassificazione dell'omosessualità come malattia mentale, i paesi erano circa 130, siamo lenti).
Di questi 67, 43 condannano anche i rapporti omosessuali tra due donne oltre che quelli tra due uomini. In particolare, 5 nazioni attualmente puniscono i rapporti consensuali omosessuali con la pena di morte: Iran, Arabia Saudita, Yemen in Asia, Nigeria e Somalia in Africa. Inoltre, la pena di morte è una pena possibile in altre 6 nazioni: Afghanistan, Brunei, Mauritania, Pakistan, Qatar e gli Emirati Arabi Uniti.
Per quanto riguarda i Matrimoni e le Unioni Civili, miseramente sfioriamo i 28 paese (fra cui l'Italia), stessa cifra per quanto riguarda le adozioni per le coppie LGBT.
Qualcuno ha anche pensato di negare la donazione del sangue agli omosessuali. Capita anche questo.
Ora, se consideriamo l'assurdità della cultura omofoba, priva di fondamento e strutturata sull'indegna presunzione di distinzione di genere secondo giusto e sbagliato, dobbiamo fare i conti "anche" con una politica globale che pretende di mettere in discussione il diritto alla vita.
Tant'è che spiegare la natura umana e la libertà di esistenza, risulta un'ovvietà inspiegabile.
Siamo alla propaganda, ma di quelle inverse e ribaltate.
La stessa che fa dell'omosessualità una questione di illegalità, come in Russia e in Asia, con tanto di prigionia se sfortunatamente capiti nel Nord Africa. In pratica siamo finiti in un manifesto come in un film grottesco senza trama e senza titolo.
Un elenco triste e sconfortante di illeciti morali e politici sui quali si dibattono vita e libertà.
Ci stancheremo probabilmente un giorno dell'odio, del disprezzo, della paura del prossimo; ma intanto bisogno lottare per riprendersi ciò che ci spetta: la vita e il diritto di vivere. Perchè la questione Omo/Lesbo/Trans/Bi non è esclusivamente un fatto di natura sessuale o affettiva, è una questione umana.
Dover attribuire alla condizione umana, parole e concetti come illecito penale, punizione, pena, colpa, abominio, peccato, reato, negazione, morte, è una sconfitta che non lascia spazio ne speranza.
Ma questa lontana luce in fondo al tunnel in qualche modo va creata, così come va formulata una reale opportunità per arrivare a un traguardo, comune e indissolubile, che è il diritto all'esistenza.
Abbiamo un Consiglio Per I Diritti Umani, istituito dalle Nazioni Unite (UNHRC, United Nations Human Rights Council), che dal 2006 cerca di supervisionare il rispetto e le violazioni dei diritti umani in tutti gli stati aderenti alle N.U.; l'aspetto simbolico di questo giorno è stato istituito e riconosciuto dall'Unione Europea e dalle stesse Nazioni Unite per promuovere e coordinare eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione per contrastare il fenomeno dell'omofobia, della lesbofobia, della bifobia e della transfobia. Ma non basta.
La cultura alla vita e al rispetto deve muoversi dal singolo essere umano, verso un esterno sociale nel quale tale cultura, tale rispetto, si codifichi in confronto e condivisione.
Siamo privi di confronto, siamo ignoranti in quanto ignoriamo volutamente la gravità della discriminazione, alleggerendone cause ed effetti come se fosse una questione di luoghi comuni, di sacre scritture mai lette e di sfilate in strada considerate di opinabile sobrietà per partito preso. Siamo forti di una parola che salverà il mondo ma ci sentiamo invincibili se la usiamo come arma di discriminazione di massa.
E questo capita anche, e soprattutto, in Italia.
Oggi nel nostro paese il 14% degli studenti italiani si dichiara anonimamente LGBT, il 34% considera l'omosessualità sbagliata, il 27% non vuole un compagno di banco gay, il 62% evita di tenere pubblicamente per mano il compagno o la compagna. (report citato da Pasquale Videtta nella sua pagina ufficiale: https://www.facebook.com/videttapasquale/)
Giusto in Italia, poi, ci sarebbe quella proposta di legge di cui tanto si dibatte, il Ddl ZAN, un disegno di legge anti-omofobia che già nel suo esistere ci ricorda quanto misera sia la società in cui viviamo e quando sia bisognosa di redenzione e ricostruzione, pensiamo quanto sia deplorevole e disarmante dover lottare per una sua approvazione e attuazione.
Sono 72 gli anni trascorsi dall'approvazione della Dichiarazione Universale Dei Diritti Umani, di numeri e percentuali legati ai progressi legati all'acquisizione di diritti umani e civili non si dovrebbe nemmeno fantasticare, in quanto prerogativa umana insindacabile e alla base di qualsiasi condizione di pensiero individuale e sociale. Invece siamo ancora adagiati sulla giustificazione, supportata da molti, della discriminazione sessuale come , come se fosse una componente necessaria alla determinazione definitiva dell'identità, come se farne a meno ci rendesse dei impreparati alla più bella delle responsabilità: la propria vita.
L'Omofobia, così come qualsiasi discriminazione (sessuale, razziale, culturale, ecc.), non è un'opinione, è un reato.
Siamo nel 2021, siamo vivi e siamo liberi (in teoria) di amare e lasciarci amare.
Ma con questo sacrosanto diritto di esistere, allora, a che punto siamo?
Giuseppe Mazzola