la dolce vitti: monica è vivere di più.

Ma io non rappresento niente, io sono la rappresentazione.
Ma si, è tutto mescolato: la vita, i personaggi...
Allora vuol dire: "si, ma allora è tutto falso".
No! É tutto vero!
Specialmente i personaggi.
Ma certo, perché, per me, rappresentare, è vivere di più, è aggiungere, idealizzare, trasfigurare, aggiungere emozione alle emozioni, passione alle passioni.
Insomma, per me dove finisce la rappresentazione, finisce la realtà.
Monica Vitti
Una dichiarazione, sincera e intima, dell'introspezione e di una ricerca di identità studiata e portata sul palco e sul set. Una confessione, questa, di una natura, nuda e garbata, che dall'io al palcoscenico, focolare interiore rappresentante e rappresentato, spiega l'essenza di Monica Vitti, con toni fedeli all'accordo naturale fra la vita vissuta e quella verosimile che, nel suo nome, volto e icona dell'arte e del costume intellettuale italiano, lascia convergere la ricerca dell proprio ego studiando l'altro, con la rappresentazione di sé attraverso diverse esistenze.
In fondo, come ben poche realtà del cinema e del teatro, Monica Vitti è tutte le donne che ha rappresentato. Sottilmente distante dall'inganno che una vigorosa identità può infliggere a un personaggio, la sua non è una firma su un ruolo, ma un espediente sempre nuovo per mostrare una donna, una delle tante personalità, che in fila attendono di essere vissute.
Maria Luisa Ceciarelli (questo è il suo vero nome,) romana nata il 3 novembre 1931, è figlia di una borghesia non invadente che le ha concesso il diritto di porsi domande e di trovarne altrettante, prima sul palcoscenico dei teatri romani, poi sui più grandi set del Cinema italiano e internazionale, fino alla democratizzazione totale del suo nome attraverso la televisione che, fino ai primi anni 90, ce l'ha concessa senza remora.
Il suo ultimo film, "Scandalo Segreto", del quale è anche regista, è del 1990, mentre è di soli due anni dopo la sua ultima presenza in una produzione televisiva, "Ma Tu Mi Vuoi Bene?", con Johnny Dorelli, con il quale aveva già recitato in pellicole come "Basta Che Non Si Sappia In Giro" (1976), "Amori Miei" (1978) e"Non Ti Conosco Più Amore" (1980).
Da quel momento, solo alcune occasioni ci hanno permesso di rivederla in qualche schermo, fra gli studi RAI di Domenica In e alcune ospitate di carattere pubblico (l'ultima il 15 giugno 2000 in occasione dei festeggiamenti per gli ottant'anni del collega e amico Alberto Sordi).
Intanto, di anni ne sono passati tanti dall'ultima volta che la Vitti sia apparsa in pubblico; di lei si è detto di tutto e negato di più: la malattia, il matrimonio con il fotografo, regista e sceneggiatore Roberto Russo, il ricovero (smentito dallo stesso marito) in Svizzera.
Monica Vitti nell'ironia di una sorte condannata alla negazione, oggi continua a essere celebrata, proprio per quella graziata Incomunicabilità che, germogliata nelle camere emotive di Michelangelo Antonioni, attraverso la trionfale e spiazzante "Trilogia Esistenziale (o dell'Incomunicabilità)", ha esposto nella sua pienezza la facoltà di educazione interiore, emotiva e sociale alla cultura e al costume.
L'Incomunicabilità di Monica Vitti è uno dei fenomeni di comunicazione più influenti e solenni del Cinema, nazionale e internazionale, di tutti i tempi.

"La Dolce Vitti", racconta tutto ciò.
Una superba retrospettiva, evocativa e rivelatrice, che celebra e ripercorre i 40 anni di una carriera edificata sulla gestazione intellettuale dell'arte, dello spettacolo, del cinema, del costume, della cultura popolare, indagati e restituiti, nella forma più alta, attraverso le svariate forme assunte dall'anti-diva per eccellenza del cinema italiano.
Ideata e realizzata da Istituto Luce Cinecittà, per la cura di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi e Stefano Stefanutto Rosa, ha aperto al pubblico a Roma al Teatro dei Dioscuri al Quirinale dall’8 marzo al 10 giugno 2018.
Un percorso multimediale, immersivo ed espositivo, che si snoda seguendo una logica cronologica e tematica.
Punti cardine di costruzione del flusso narrativo, sono le fotografie, oltre 70, che attraverso le varie sfaccettature estetiche e documentarie, consegnano non solo i momenti identificativi e segnanti della carriera e delle evoluzioni dell'attrice, ma restituiscono anche un vasto documento storico dell' Italia e dei suoi mutamenti culturali e artistici degli ultimi decenni. Un'estetica storica, quella di Monica, che senza mai scendere nella retorica della filosofia del bello, si avvale di un ulteriore strumento, la roca voce che l'ha sempre contraddistinta, per contemplare l'inizio di un percorso comunicativo che comincia, paradossalmente, con l'Incomunicabilità.
Così la Vitti si racconta in prima persona, con la sua voce, evocando ricordi, riflessioni, brani dei suoi libri, che echeggiano per le sale come suono ambientale di quella terra, fatta di recitazione e vite nella vita, i cui confini sono precisati nel suo volto.
Lei che non guarda mai dritto in faccia e schiva l'obiettivo. Noi tutti in fila ad ammirarla.
Le tappe di questo percorso sono: il Teatro, il Doppiaggio, Michelangelo Antonioni, il Cinema Comico e la sua evoluzione in Autrice e Regista, infine la TV.

Il primo ambiente accoglie il visitatore con un'istallazione visivo/sonora, con grandi veli fotografici e la voce dell’attrice che colma lo spazio di versi ambientali ed esortativi.
La sala dedicata al Teatro racconta con immagini d'archivio di straordinaria bellezza gli anni del suo apprendistato, regalando frammenti di grandezza e di volti sacri del cinema d'autore come Giorgio Albertazzi, Franco Zeffirelli, Vittorio De Sica.
C'è una sala, detta "Del Doppiaggio", che offre una postazione di video-ascolto, in cui la sua voce doppia il personaggio interpretato da Dorian Gray ne Il Grido di Michelangelo Antonioni, mentre un coinvolgimento multimediale, ci consegna un libro espanso digitale, di testi e immagini da sfogliare, che permette di entrare nella storia del cinema e, su schermo touch, una serie di preziosi filmati e cinegiornali dell’Archivio Luce evocano prime, festival, set della sua carriera, interviste e apparizioni pubbliche.
La quarta tappa tocca il Cinema Comico e quella fase artistica, la commedia, che consegna Monica alla popolarità e all’amore del grande pubblico e la consacra come "la Vitti", fuori da ogni genere inclassificabile nell'unicità delle sue creazioni cinematografiche.
Quel cinema che la vede manifesto e protagonista di universi femminili al limite del paradosso, dalla Ragazza Con la Pistola di Monicelli a Ninì Tirabusciò, La Donna Che Inventò La Mossa di Marcello Fondato, scorrendo per le glorie di Dramma Della Gelosia (Tutti I Particolari In Cronaca) di Ettore Scola, i melodrammi esistenziali di Teresa La Ladra di Carlo Di Palma, le glorificanti pellicole con Alberto Sordi, Polvere Di Stelle fra tutte, che farà dei due la coppia della commedia italiana per eccellenza, di lei la Sordi al femminile.

Si giunge così alla tappa che racconta il suo impegno come progetti, copioni, co-sceneggiatrice, autrice e regista. Fra copioni, sceneggiature e progetti, scorrono le copertine dei più importanti giornali del mondo, che le dedicano uno spazio nella consacrazione della Settima Arte.
Le Teche Rai, simbolo della Monica televisiva, ultima tappa della mostra, proiettano apparizioni, sketch, interviste e dichiarazioni, attraverso un caleidoscopio di immagini moltiplicate all'infinito.
La Dolce Vitti è stata anche occasione per rivedere, nella sala cinema del Teatro dei Dioscuri, alcuni dei film più significativi di e con Monica Vitti.
Chi è Monica Vitti?
Se io sapessi esattamente cos'è Monica Vitti, io non avrei più nessun dubbio, forse.
Il dubbio è necessario... sono estremamente fragile, però ho capito che devo sfruttare tutte le mie fragilità, perché devo ancora capire tante cose, devo sapere, devo imparare.
[Intervista a Monica Vitti per FORMAT]
Chi sia Maria Luisa Ceciarelli, lo impariamo attraverso i molteplici volti di Monica Vitti, che nella trama dei suoi personaggi ha dipinto il ritratto di una donna che non è ancora nata, o forse non ancora del tutto e, per questo motivo, ha affrescato tracce di uno e di infinite donne, tutte quelle alle quali ha dato un volto, il suo.
Giuseppe Mazzola
A seguire la gallery della mostra.